COS’E’ LA PLAY THERAPY

COGNITIVO-COMPORTAMENTALE?

DEFINIZIONE PLAY THERAPY COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

La Play Therapy Cognitivo-Comportamentale è un approccio di psicoterapia per l’età evolutiva rivolta ai bambini, anche prescolari, e ai loro genitori e rappresenta un possibile percorso di psicoterapia per intervenire sul disagio psicologico emergente. Nello specifico prevede l’uso terapeutico del gioco, che viene utilizzato per aiutare il bambino ad imparare come funziona il mondo, ad apprendere come relazionarsi con gli altri, a capire come affrontare le difficoltà e a trovare le possibili soluzioni.

Lo psicoterapeuta, che utilizza questo modello, punta al coinvolgimento diretto del bambino con diverse problematiche, nel processo terapeutico e integra  gli interventi cognitivi e comportamentali  all’interno di un  paradigma di terapia del gioco. L’attività ludica, così come le forme non verbali di comunicazione verbale, sono utilizzate per promuovere lo sviluppo delle capacità di problem-solving.

Pertanto, la Play Therapy Cognitivo-Comportamentale propone un quadro concettuale basato sui principi della terapia cognitivo-comportamentale, e rendendoli adeguati al  livello di sviluppo del bambino.

La progettazione di interventi di play therapy specifici per i bambini piccoli facilita il loro coinvolgimento diretto nella terapia. Fornendo questi tipi di interventi adeguati allo sviluppo, lo psicoterapeuta aiuta i bambini a beneficiare di un tipo di psicoterapia che altrimenti potrebbe essere loro inaccessibile. Attraverso la Play Therapy Cognitivo-Comportamentale, è possibile apprendere abilità di coping più adattive e offrire attività strutturate e orientate agli obiettivi. Fornisce inoltre uno spazio in cui il bambino può far emergere un contributo spontaneo nella sessione ed esprimere con successo le proprie esperienze.

Alla luce delle evidenze scientifiche, questo modello inserito in un percorso di psicoterapia dell’età evolutiva può fornire un riscontro immediato e concreto al disagio psicologico dei bambini e delle loro famiglie.

LE ORIGINI

Susan M. Knell (1998) ha sviluppato gli approcci di Ellis (1971), Beck (1976) e Bandura (1977), utilizzando il gioco nel lavoro con i bambini. Knell ha usato un approccio strutturato, essendo direttivo e orientato agli obiettivi, per insegnare ai bambini a pensare a un nuovo modo di giocare, risolvere i loro problemi e costruire relazioni. Per cui l’applicazione della Play Therapy Cognitivo-Comportamentale (CBPT) include la valutazione e l’introduzione di un intervento personalizzato su misura, per “aumentare la competenza comportamentale” (p. 30). Infatti, il terapeuta crea scene della vita del bambino e usa modelli, giochi di ruolo, desensibilizzazione e altre tecniche per aiutare il bambino a cambiare il suo comportamento (Knell, 1998a). 

Secondo Knell (1993a, 1993b, 1994, 1997, 1998) la Terapia Cognitiva poteva essere applicata ai bambini, se presentata in un modo per loro accessibile. Puppets, animali peluche, libri e altri giocattoli possono essere utilizzati per modellare le strategie cognitive dei bambini, verbalizzando per esempio la capacità di risoluzione dei problemi o possibili soluzioni a un problema pertinente con le difficoltà del bambino.

La Play Therapy Cognitivo-Comportamentale, come concettualizzata da Knell (1993a, 1993b, 1994, 1997, 1998, 1999, 2000; Knell & Moore, 1990; Knell & Ruma, 1996, 2003; Knell & Beck, 2000, Knell & Dasari, 2006) è stata sviluppata per essere utilizzata con bambini di età compresa tra 2½ e 8 anni e si basa sull’integrazione di terapie cognitive, comportamentali e terapie tradizionali di gioco. Questa terapia è sensibile alle problematiche dello sviluppo dei bambini ed enfatizza la convalida empirica dell’efficacia degli interventi.

LE FASI DELLA PLAY THERAPY COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

La Play Therapy Cognitivo-Comportamentale è articolata in diverse fasi, definite come introduzione/orientamento, valutazione, concettualizzazione del caso, fase intervento e conclusione. Per una descrizione più completa di queste fasi, vedi Geraci (2022).

FASE DI ORIENTAMENTO

Durante il colloquio iniziale, il terapeuta deve aiutare i genitori a capire come preparare al meglio il bambino per la sua prima sessione e quale spiegazione può essere più adatta per il bambino in base al suo sviluppo. A tal fine è possibile consigliare dei libri come “Il primo libro sulla terapia del gioco di un bambino” (Nemiroff e Annunziato, 1990).

FASE VALUTAZIONE

Successivamente, la valutazione è finalizzata alla definizione degli obiettivi e di un piano di trattamento. Oltre al colloquio con i genitori è importate prevedere una osservazione del gioco familiare e all’osservazione del gioco spontaneo del bambino. In sintesi la valutazione  include schede da somministrare ai genitori (ad esempio, Elenco di controllo del comportamento dei bambini, Achenbach, 1991), la valutazione del gioco familiare e del bambino, il Compito della frase del burattino (Knell, 1992; Knell, 1993a; Knell, 2018; Knell & amp; Beck, 2000 ) o altre misure create dal terapeuta.

CONCETTUALIZZAZIONE DEL CASO NELLA PLAY THERAPY

La concettualizzazione del caso nella play therapy cognitivo-comportamentale è fondamentale per capire come funziona il bambino e perché mette in atto determinati comportamenti. La si ottiene dall’integrazione di dati di valutazione con il focus sui comportamenti rilevanti dal punto di vista clinico mediante il modello della play therapy cognitivo-comportamentale. È finalizzata alla pianificazione efficace del trattamento, fornisce la logica e la struttura per sviluppare e dare priorità agli obiettivi del trattamento. Nella play therapy cognitivo-comportamentale gli elementi fondamentali di una concettualizzazione del caso sono collegati in modo logico e coerente sono: (1) la descrizione dei fattori individuali; (2) la descrizione dei fattori relazionali; (3) la descrizione dei fattori ambientali; (4) il presenting problems; (5) i fattori di rischio, di protezione e di mantenimento. La descrizione dei fattori individuali, relazionali e ambientali definiscono il background del bambino, il presenting problems è la ragione per cui il caregiver o la famiglia cercano la CBT per il loro bambino e i fattori di rischio, di protezione e di mantenimento governano la traiettoria di sviluppo del bambino e vengono analizzati tenendo conto dell’influenza che possono avere i singoli favori (Geraci,2022).

FASE DI INTERVENTO

Viene sviluppato un piano di trattamento e la terapia si focalizza sull’aumento e il rafforzamento dell’autocontrollo del bambino, sul suo senso di realizzazione e sull’apprendimento di risposte più adattive per affrontare situazioni specifiche. A seconda della problematica presentata, il terapeuta sceglie gli interventi cognitivi e comportamentali più appropriati usando specifiche tecniche di gioco a cui il bambino risponde di più. Gli interventi devono essere valutati attentamente, con la massima specificità possibile, quindi in relazione all’intervento e alle problematiche/preoccupazioni specifiche del bambino.

CONCLUSIONE DELLA TERAPIA

Per finire, il bambino e la famiglia vengono preparati alla conclusione della terapia. Mentre il trattamento si avvicina alla fine, il bambino realizza il momento conclusivo e affronta i sentimenti connessi ad esso. 

BAMBINI AL CENTRO DELLA TERAPIA

Affinché un intervento sia appropriato, la complessità dell’intervento deve tenere in considerazione il livello di sviluppo del bambino. Il terapeuta, che usa la Play Therapy Cognitivo-Comportamentale dovrebbe:

  • concentrarsi sui punti di forza e sulle capacità del bambino, piuttosto che sulle sue debolezze;
  • focalizzarsi su interventi di natura esperenziale che incorporano il gioco, piuttosto che su complesse abilità cognitive e verbali;
  • incoraggiare e facilitare il linguaggio per descrivere esperienze ed emozioni.

Il vocabolario emotivo del bambino è ancora abbastanza limitato. I bambini piccoli, spesso, beneficiano della possibilità di imparare ad associare i comportamenti ai loro sentimenti e ad esprimere i sentimenti in modi più adattivo attraverso il linguaggio. Per i bambini, il gioco è un mezzo di comunicazione naturale e appropriato allo sviluppo. Per questo, i bambini usano i giocattoli come parole e il gioco come comunicazione/linguaggio.

Nella Play Therapy Cognitivo-Comportamentale è fondamentale l’equilibrio tra attività strutturate e orientate agli obiettivi e attività non strutturare durante le quali emerge la spontaneità del bambino. Le informazioni non strutturate e spontanee sono fondamentali perché consentono al terapeuta di ottenere molte informazioni cliniche che il bambino ha la possibilità di far emergere sentendosi in un contesto sicuro.

Il bambino esprime i propri bisogni attraverso il gioco e il terapeuta nel riconoscerli fornisce uno spazio espressivo senza intervenire e interpretare, ma accettandolo e riconoscendo il “prezioso” momento di comunicazione. Grazie a questo spazio la terapia strutturata può pianificare un intervento che preveda l’insegnamento di comportamenti e strategie più adattivi.

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BIBLIOGRAFIA PLAY THERAPY COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

  • Achenbach (1991). Manual for the Child Behavior Checklist/4-18 and 1991 profile. Burlington, VT: University of Vermont, Department of Psychiatry.

  • Axline, V. (1947). Play therapy. New York: Ballantine Books.

  • Bandura A. (1977). Social Learning Theory, Prentice Hall, Englewood Cliffs, NJ.

  • Beck A. (1964). Thinking and depression: 2. Theory and therapy. In Archives of General Psychiatry, 10.

  • Beck A. (1976). Cognitive therapy and emotional disorders, New York: Meridian. T.

  • Ellis (1971). An experiment in emotional education. Educational Technology, Reprinted: New York, Institute for Rational-Emotive Therapy.

  • Geraci M.A. (2022) La play therapy cognitivo-comportamentale. Armando Editore. Roma

  • Knell, S. M. (1993a). To show and not tell: Cognitive-Behavioral Play Therapy in the treatment of Elective Mutism. In T.Kottman & C.Schaefer (Eds.) Play Therapy in Action: A casebook for practitioners. (pp. 169-208). New Jersey: Jason Aronson.

  • Knell, S. M. (1993b). Cognitive behavioral play therapy. Northvale, NH: Jason Aronson.

  • Knell, S. M. (1994). Cognitive Behavioral Play Therapy. Directions in child and Adolescents Therapy. (pp.1-13). New York: The Hatherleigh Company, Ltd (Reprinted in The Hatherleigh Guide to Child and Adolescent Therapy).

  • Knell, S.M. (1997). Cognitive Behavioral Play Therapy. In K. O’Connor & L. Mages (Eds.). Play Therapy Theory and Practice: A comparative presentation(pp.79-99). New York: John Wiley and Sons.

  • Knell, S. M. (1998a). Cognitive-behavioral play therapy. Journal of Clinical Child Psychology, 27, 28-33.

  • Knell S. (1998b) Il gioco in psicoterapia : nuove applicazioni cliniche, Edizione italiana a cura di Francesca Pergolizzi McGraw-Hill Companies

  • Knell, S.M. (1999). Cognitive-Behavioral Play therapy. In S.W. Russ & T. Ollendick (Eds.) Handbook of psychotherapies with children and families (pp.385-404) NY: Plenu

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  • Knell, S.M. (2018).  Puppet Sentence Completion Task.  In A.A. Drewes & C.E. Schaefer  (Eds.).  Puppets in Play Therapy:  A Practical Guidebook. (pp. 59-73). Routledge Press.

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  • Knell, S.M. & Ruma, C.D. (2003). Play Therapy with a sexually abused child. In M.A. Reinecke, F.M. Dattilio & A.Freeman (Eds.). Cognitive Therapy with children and Adolescents: a casebook for clinical practice. (2nd ed.) (pp. 338-368). NY:Guilford.

  • Knell, S.M.& Beck, K.W. (2000).  Puppet Sentence completion Task.  In K Gitlin-Weiner, A. Sandgrund, & C.E. Schaefer. (Eds.)  Play Diagnosis and Assessment, 2nded. (pp. 704-721).   NY:  Wiley.

  • Knell, S.M. & Dasari M. (2006). Cognitive-Behavioral Play Therapy for Children with Anxiety and Phobias. In H.G. Kaduson & C.E. Schaefer (Ed.). Short term therapies with children (2nd ed.) (pp.22-50). NY:Guilford.

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