LA PLAY THERAPY COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
ORIGINI
Susan M. Knell (1998) ha sviluppato gli approcci di Ellis (1971), Beck (1976) e Bandura (1977), utilizzando il gioco nel lavoro con i bambini. Knell ha usato un approccio strutturato, essendo direttivo e orientato agli obiettivi, per insegnare ai bambini a pensare a un nuovo modo di giocare, risolvere i loro problemi e costruire relazioni. Per cui l’applicazione della Play Therapy Cognitivo-Comportamentale (CBPT) include la valutazione e l’introduzione di un intervento personalizzato su misura, per “aumentare la competenza comportamentale” (p. 30). Infatti, il terapeuta crea scene della vita del bambino e usa modelli, giochi di ruolo, desensibilizzazione e altre tecniche per aiutare il bambino a cambiare il suo comportamento (Knell, 1998a).
DEFINIZIONE
La Play Therapy Cognitivo-Comportamentale è un intervento terapeutico appropriato all’età evolutiva; nello specifico è progettato per i bambini piccoli (2 ½ – 8 anni). Infatti, attraverso tale intervento, il bambino assume un ruolo attivo nel processo di cambiamento e nella padronanza dei problemi.
Questo intervento si basa su teorie cognitive e comportamentali dello sviluppo emotivo e della psicopatologia. In particolare, deriva dalla Terapia Cognitiva (CT), concettualizzata da Aaron Beck (1964, 1976).
La Terapia Cognitiva (CT) e lo sviluppo del bambino
La Cognitive Therapy è un approccio strutturato e diretto ad aiutare gli individui a cambiare i propri pensieri e comportamenti disfunzionali. Si basa sul modello cognitivo dei disturbi emotivi, secondo cui il comportamento disadattivo o disturbato è considerato espressione del pensiero irrazionale. Questa terapia è focalizzata sul cambiamento delle cognizioni, in particolare sulla modificazione del pensiero irrazionale, disadattivo o illogico.
Tale modello, prettamente sviluppato per gli adulti, è applicabile ai bambini, ma è necessario considerare che essi non hanno sufficienti abilità cognitive e la flessibilità per beneficiare della CT. Quest’ultima, infatti, richiede la capacità di seguire una sequenza logica e razionale e la capacità di distinguere tra pensiero razionale e irrazionale/logico e illogico, abilità che ancora non si sono sviluppate.
Nella fase pre-operatoria dello sviluppo del bambino, il pensiero è di natura egocentrica, concreta e irrazionale e l’azione può precedere il pensiero a causa dell’immaturità o dell’impulsività cognitiva. Tali caratteristiche non soddisfano i requisiti necessari per applicare la CT, quindi è necessario il suo adattamento alla pratica con bambini e adolescenti, al fine di garantire un approccio più adeguato al loro sviluppo. La Knell e i suoi colleghi hanno dimostrato che la terapia cognitivo-comportamentale può essere trasmessa ai bambini attraverso il gioco (Knell, 1993a, 1994, 1997, 1998, 1999; Knell & Moore, 1990; Knell & Ruma, 1996, 2003; Knell & Dasari, 2006).
Adattamento della CT ai bambini
Questo adattamento alle popolazioni più giovani comporta la modificazione delle sue metodologie, ma non del suo fondamento teorico. Una delle più grandi sfide nello sviluppo della Play Therapy Cognitivo-Comportamentale è stata quella di trovare il modo di adattare la CT all’età evolutiva, senza porre enfasi sul linguaggio, in quanto non ancora pienamente sviluppato nel bambino.
Secondo Knell (1993a, 1993b, 1994, 1997, 1998) la CT poteva essere applicata ai bambini, se presentata in un modo per loro accessibile. Puppets, animali peluche, libri e altri giocattoli possono essere utilizzati per modellare le strategie cognitive dei bambini, verbalizzando per esempio la capacità di risoluzione dei problemi o possibili soluzioni a un problema pertinente con le difficoltà del bambino.
La Play Therapy Cognitivo-Comportamentale, come concettualizzata da Knell (1993a, 1993b, 1994, 1997, 1998, 1999, 2000; Knell & Moore, 1990; Knell & Ruma, 1996, 2003; Knell & Beck, 2000, Knell & Dasari, 2006) è stata sviluppata per essere utilizzata con bambini di età compresa tra 2½ e 8 anni e si basa sull’integrazione di terapie cognitive, comportamentali e terapie tradizionali di gioco. Questa terapia è sensibile alle problematiche dello sviluppo dei bambini ed enfatizza la convalida empirica dell’efficacia degli interventi.
Il livello di sviluppo del bambino
Affinché un intervento sia appropriato, la complessità dell’intervento deve tenere in considerazione il livello di sviluppo del bambino. Il terapeuta, che usa la Play Therapy Cognitivo-Comportamentale dovrebbe:
- concentrarsi sui punti di forza e sulle capacità del bambino, piuttosto che sulle sue debolezze;
- focalizzarsi su interventi di natura esperenziale che incorporano il gioco, piuttosto che su complesse abilità cognitive e verbali;
- incoraggiare e facilitare il linguaggio per descrivere esperienze ed emozioni.
Il vocabolario emotivo del bambino è ancora abbastanza limitato. I bambini piccoli, spesso, beneficiano della possibilità di imparare ad associare i comportamenti ai loro sentimenti e ad esprimere i sentimenti in modi più adattivo attraverso il linguaggio.
Ad esempio, piuttosto che esprimere frustrazione e rabbia attraverso comportamenti aggressivi, può essere insegnato al bambino come capire quando è arrabbiato e ad esprimere quel sentimento attraverso le parole piuttosto che il comportamento. Allo stesso modo, il bambino può acquisire un senso di controllo e padronanza, oltre che un feedback più positivo dagli adulti che lo circondano.
Per i bambini, il gioco è un mezzo di comunicazione naturale e appropriato allo sviluppo. Per questo, i bambini usano i giocattoli come parole e il gioco come comunicazione/linguaggio.
DESCRIZIONE DEL TRATTAMENTO: LE FASI
La Play Therapy Cognitivo-Comportamentale è articolata in diverse fasi, definite come introduzione/orientamento, valutazione, fase intermedia e conclusione.
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Introduzione/orientamento
Durante il colloquio iniziale, il terapeuta deve aiutare i genitori a capire come preparare al meglio il bambino per la sua prima sessione e quale spiegazione può essere più adatta per il bambino in base al suo sviluppo. A tal fine è possibile consigliare dei libri come “Il primo libro sulla terapia del gioco di un bambino” (Nemiroff e Annunziato, 1990).
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Valutazione
Successivamente, la valutazione è finalizzata alla definizione degli obiettivi e di un piano di trattamento. Oltre al colloquio con i genitori è importate prevedere una osservazione del gioco familiare e all'osservazione del gioco spontaneo del bambino. In sintesi la valutazione include schede da somministrare ai genitori (ad esempio, Elenco di controllo del comportamento dei bambini, Achenbach, 1991), la valutazione del gioco familiare e del bambino, il Compito della frase del burattino (Knell, 1992; Knell, 1993a; Knell, 2018; Knell & amp; Beck, 2000 ) o altre misure create dal terapeuta.
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Fase intermedia
Viene sviluppato un piano di trattamento e la terapia si focalizza sull'aumento e il rafforzamento dell'autocontrollo del bambino, sul suo senso di realizzazione e sull'apprendimento di risposte più adattive per affrontare situazioni specifiche. A seconda della problematica presentata, il terapeuta sceglie gli interventi cognitivi e comportamentali più appropriati usando specifiche tecniche di gioco a cui il bambino risponde di più. Gli interventi devono essere valutati attentamente, con la massima specificità possibile, quindi in relazione all'intervento e alle problematiche/preoccupazioni specifiche del bambino.
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Conclusione
Per finire, il bambino e la famiglia vengono preparati alla conclusione della terapia. Mentre il trattamento si avvicina alla fine, il bambino realizza il momento conclusivo e affronta i sentimenti connessi ad esso.
Per una descrizione più completa di queste fasi, vedi Knell (1999).
EQUILIBRIO TRA GIOCO STRUTTURATO E GIOCO NON STRUTTURATO
Nella Play Therapy Cognitivo-Comportamentale è fondamentale l’equilibrio tra attività strutturate e orientate agli obiettivi e attività non strutturare durante le quali emerge la spontaneità del bambino. Le informazioni non strutturate e spontanee sono fondamentali perché consentono al terapeuta di ottenere molte informazioni cliniche che il bambino ha la possibilità di far emergere sentendosi in un contesto sicuro.
Il bambino esprime i propri bisogni attraverso il gioco e il terapeuta nel riconoscerli fornisce uno spazio espressivo senza intervenire e interpretare, ma accettandolo e riconoscendo il “prezioso” momento di comunicazione. Grazie a questo spazio la terapia strutturata può pianificare un intervento che preveda l’insegnamento di comportamenti e strategie più adattivi.
SIMILARITA’/DIFFERENZE CON LE TERAPIE DI GIOCO TRADIZIONALI
Storicamente, la terapia di gioco si è basata su teorie psicodinamiche o teorie centrate sul cliente, come la terapia di gioco centrata sul cliente (vedi Axline, 1947). La Play Therapy Cognitivo-Comportamentale si differenzia da queste forme più tradizionali di terapia. Allo stesso modo, con esse condivide l’importanza di stabilire una relazione terapeutica positiva, il gioco inteso come mezzo di comunicazione tra terapeuta e bambino e la terapia come un luogo sicuro per il bambino.
Le aree di differenza più rilevanti riguardano molti aspetti. Tra questi rientrano il focus nella CBPT su indicazioni e obiettivi, la scelta dei materiali e delle attività di gioco, il gioco come educativo e l’importanza di stabilire connessioni tra il comportamento e i pensieri del bambino.
Mentre il terapeuta non direttivo della terapia di gioco è un osservatore più neutrale, il terapeuta esperto in Play Therapy Cognitivo-Comportamentale lavora con il bambino e la famiglia per stabilire gli obiettivi e aiutare il bambino a lavorare verso il loro raggiungimento, che monitora in modo continuativo nel tempo.
Il terapeuta esperto in Play Therapy Cognitivo-Comportamentale può introdurre temi, seleziona insieme al bambino i materiali e le attività di gioco e fornisce una componente psicoeducazionale al trattamento. Questo aiuta a trasmettere abilità di coping positive e alternative alle modalità disadattive esistenti. Infine, la Play Therapy Cognitivo-Comportamentale tratta i conflitti e i problemi del bambino mediante l’espressione verbale, aiutandolo a stabilire associazioni tra parole e comportamenti. (Vedi Knell, 1993b, 1998b per maggiori dettagli).
L’EFFICACIA DELLA PLAY THERAPY COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
Questa può essere espressa da sei caratteristiche specifiche:
1. Coinvolge il bambino nella terapia attraverso il gioco. In questo modo il bambino è un partecipante attivo e i problemi della resistenza e della mancanza di compliance possono essere affrontati più facilmente. Inoltre, il terapeuta può affrontare le problematiche del bambino in modo diretto, anziché attraverso un genitore o un adulto significativo.
2. Si focalizza sui pensieri, sui sentimenti, sulle fantasie e sull’ambiente del bambino.
3. Propone una strategia, o alcune strategie, per lo sviluppo di pensieri e comportamenti adattivi che possono aiutare il bambino ad affrontare situazioni e sentimenti. Infatti, l’esito positivo della terapia prevede che il bambino diventi capace di sostituire le modalità disadattive, e di far fronte agli eventi con approcci più adattivi.
4. E’ una terapia strutturata, direttiva e orientata a un obiettivo, piuttosto che aperta. Principalmente, il terapeuta lavora con il bambino e con la famiglia, per fissare degli obiettivi, aiutandoli a lavorare per raggiungerli.
5. Comporta l’impiego di tecniche empiricamente dimostrate. Una delle tecniche maggiormente utilizzate è quella del modeling (attuato per esempio dal terapeuta attraverso l’uso di puppets e di bambole). Questo, infatti, risponde alla necessità di dimostrazioni concrete e non verbali, in particolare quando ci si rivolge ai bambini di età prescolare.
6. La CBPT consente un controllo del trattamento a livello empirico.
Per finire, gli interventi di play therapy cognitivo-comportamentale sono interventi adattati all’età evolutiva, che rientrano negli interventi di terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Quindi, il gioco viene utilizzato come mezzo per comunicare e insegnare delle tecniche evidence-based a bambini dai 2 ½ agli 8 anni, in maniera indiretta e coinvolgente.